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VIA SA MELIXEDDA

Nel calendario liturgico San Valentino figura appunto il 14 febbraio; a Sadali, da tempo immemorabile, viene festeggiato anche l’8 maggio ma soprattutto il 6 ottobre. Ragioni socio-economiche suggerirono infatti ai nostri antenati di cambiare la data della festa essendo febbraio un mese invernale, risultava troppo freddo, il bestiame era magro e magra era la dispensa, già povera, dei contadini. Il periodo più ricco era senza dubbio il primo autunno: il grano era raccolto, c’era stata la vendemmia, quindi frutta e ortaggi erano abbondanti e anche la carne degli animali era più pingue. Nei giorni precedenti la sagra si provvedeva ad una generale pulizia della casa e si approntavano le stuoie per il giaciglio degli ospiti, tutto doveva essere pronto per soddisfare le esigenze di tanti e spesso improvvisi, ospiti. Almeno una settimana prima, le donne talvolta con l’aiuto degli uomini riuniti in vicinati o per parentela, procedevano al faticoso ma artistico lavoro della panificazione: coccoisi de pani pintau orrubiau cun su zafferanu ( pani lavorati e dorati con lo zafferano), venivano sfornati e conservati nelle corbule. L’antivigilia faceva registrare la macellazione delle pecore e delle capre destinate sin dalla primavera al “sacrificio”. Per la vigilia, il 5 ottobre, venivano consumate le frattaglie e sa corda; le cose più buone venivano riservate al 6 ottobre, giorno della festa. 

Chi poteva acquistava delle stoffe per l’abito nuovo, i meno abbienti usavano invece della cenere per rinnovare con il lavaggio gli abiti già usati. I ragazzi avevano già, da alcune settimane, raccolto le noci da scambiare con il venditore dei balocchi, che metteva la bancarella di fronte alla chiesa insieme ai torronai e ai venditori di campanacci. Il giorno 6 era la giornata più importante della festa. Il momento più solenne era quello della processione, composta in stragrande maggioranza da forestieri che arrivavano dai paesi vicini. Il simulacro del Santo con tutti i suoi paramenti veniva preparato con l’opera detta “della vestizione”, fatta dalle donne “is priorissasa”, con la collaborazione dei confratelli “cunfrarusu”. L’uscita del simulacro dalla chiesa avveniva verso le dieci e trenta del mattino. Apriva la processione un cavaliere che reggeva con la mano destra un’asta a cui era fissato un drappo prezioso. Subito dopo venivva un confratello con il crocifisso protetto da un panno, un altro confratello portava invece la croce d’argento “sa cruxi ‘e pratta” e altri due lo affiancavano con alte lanterne “is lampionisi”; in chiusura un medaglione con l’insegna della confraternita.


Continua nella prossime fermate ...

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